La morte di Ivan Il’ic

Tolstoj: Il leone della letteratura russa

Tolstoj non era semplicemente uno scrittore, ma il leone della letteratura russa. Conosciuto anche in Italia con il nome di Leone, acquisisce importanza per il suo pensiero filosofico e religioso, un riferimento per la politica non violenta di Mahatma Gandhi. Dopo il successo mondiale di Guerra e pace e Anna Karenina, Tolstoj si racconta attraverso il personaggio di Ivan Il’ič, in un momento di profonda crisi religiosa. La storia è ispirata alla vita del procuratore Ivan Il’ič Mečnikov, fratello di Il’ja Il’ič Mečniko che vinse il Premio Nobel per la Medicina. L’opera ebbe un notevole impatto culturale, sia nell’ambito culturale che nel cinema, venendo citata da Rainer Maria Rilke (Lettera su Dio), nel romanzo Pastorale americana di Philip Roth, da Vladimir Nabokov nel suo romanzo PninPnin, e da Martin Heidegger. La storia di Tolstoj ispirò la regista e sceneggiatrice Akira Kurosawa, nel film Vivere, e venne citata in Teorema da Pier Paolo Pasolini.

Lev N. Tolstoj

Ma che è stato? Perché? Non può essere. Non può essere che la vita sia così assurda, così schifosa. E se anche è tanto assurda e schifosa, perché morire, e morire soffrendo? Chi è questa? Ma è davvero la Morte?

Pubblicato nel 1886, La morte di Ivan Il’ič trafigge il cuore del lettore. Ivan, consigliere della corte d’appello, scopre di avere una misteriosa malattia. All’apice della morte riflette su quanto abbia vissuto superficialmente, e su quanto la vita borghese sia soltanto artificiale. Nessuno lo capiva, o ancora meglio, non lo volevano comprendere. La moglie e la figlia vivevano in una piena frenesia mondana, e lo accusavano della malattia secondo loro “voluta apposta”.

Perché tutto questo? Ma poco importa perché.
É la morte, sì la morte. E loro non sanno nulla, non vogliono sapere e non hanno compassione…

Il cinismo dei suoi colleghi magistrati si faceva sempre più subdolo, e come ci racconta il leone della letteratura, tutto l’interesse che gli altri provavano per lui consisteva nella domanda se avrebbe lasciato libero presto, finalmente, il proprio posto, se avrebbe liberato i vivi dall’imbarazzo prodotto dalla propria presenza, e se avrebbe liberato sé stesso dalle proprie sofferenze. Ascoltando il dolore della sua sofferenza, Ivan si osserva morire, e incolpa quel terribile destino voluto da Dio.

Perché? tutto questo? Perché mi tormenti così orribilmente? 

Ivan Il’ič si era sposato per convenienza. Citando le parole del leone, il matrimonio… era stato un caso, e la delusione, e l’odore della bocca della moglie, e la sensualità, una finzione! E quel lavoro morto, e le preoccupazioni per i soldi, e così un anno, e due, e dieci, e venti, sempre uguale. E più si andava avanti, più si incontravano delle cose morte. Come se fossi sceso da una montagna, immaginando di salire. Era stato così. Per la pubblica opinione io salivo e sotto di me, la vita, parallelamente, se ne andava… E adesso, fatto, muori! Davanti alla morte il ricordo della scuola si impossessa della sua mente: Quell’esempio di sillogismo che aveva studiato nel manuale di logica del Kiesewetter, Caio è un uomo, gli uomini sono mortali, dunque Caio è mortale, gli era sembrato, per tutta la vita, valido solo in rapporto a Caio, e in alcun modo in rapporto a sé stesso. Una cosa era l’uomo-Caio, l’uomo in generale, e in questo caso il sillogismo andava benissimo; ma lui non era né Caio né l’uomo in generale […] Certo che Caio è mortale, lui è giusto che muoia, ma io, piccolo Vanja, io, Ivan Il’ič, con tutti i miei sentimenti, i miei pensieri, io sono un’altra cosa. Non è possibile che mi tocchi morire. Sarebbe troppo orribile.

All’improvviso la sua paura di morire sparì… ma perché? Perché mai? Dove era finita?
Per quanto possa aver letto cinque volte questa vita, anche io non la trovavo più.

Trattenni il fiato, sbarrai gli occhi, e mi irrigidii. Io e Ivan non avevamo più il terrore, la morte era sparita. C’era la luce…. la luce dell’aldilà.

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