#Polaroid

Sono nata a Segrate in un venerdì d’autunno… già da neonata sentivo il ritmo nel sangue. Non vedevo l’ora di uscire dalla pancia di mia mamma per poter suonare la chitarra, e così ho iniziato a tirare ganci e montanti pur di uscire prima del previsto. Del resto sono sempre stata una persona anticonformista, non c’è da stupirsi se i bambini tirano i calci mentre io tiravo i pugni…

Mamma diceva che le si erano rotte le acque mentre stava guardando la puntata di Beverly Hills, e proprio sul più bello nella scena tanto attesa, andò in ospedale per potermi partorire. Fu così che si perse il “fatidico bacio tanto atteso” tra Brenda e Dylan. Pensò così di chiamarmi come la protagonista di quella serie Tv anni 90, ma alla fine scelse quel nome con cui tutti mi conoscono… Valentina
Samarcanda mi risuonava nella testa. “Cavallo” non fu soltanto la mia prima parola dopo “mamma”, ma il mio sogno più grande. A soli otto anni mi misi in sella… ma purtroppo, in gara, l’ostacolo era molto più alto di me. 

Era lei che aveva scelto me, e non il contrario. Avevo tre anni quando all’asilo nido iniziai a suonare i bonghi. Il mio cuore era come un djembe, batteva a ritmo di tamburo. Arrivò l’adolescenza, e iniziai le scuole medie. La mia tanto amata prof di musica sedeva dietro al pianoforte mentre facevo l’appello. La “B” era sempre la prima, e dopo “Baratti” toccava a me. Fu il mio braccio ingessato che mi fece cantare davanti alla classe. Il gesso mi impediva di suonare il flauto, e utilizzai un altro strumento: la mia timida voce. Grazie alla mia tanto amata prof Riccardi mi iscrissi all’accademia di musica italiana.

Costi, cifre esorbitanti, mi fecero interrompere quel brevissimo percorso. Iniziai a studiare musica da autodidatta, e arrivò lei… la chitarra. C’è un’altra musica che amo tanto: la musica dei sacchi. Ogni volta che boxo sento l’adrenalina che sale, e le lacrime di sudore bagnano i miei guantoni. Sono incazzata, prendo a pugni il mio passato doloroso, e quelle lacrime di sudore diventano lacrime di paura. Esco dalla gabbia…e scopro di poter volare, Alì! Non capisco… Come? Perché? Confusione. Il jab dell’avversario mi frastorna il cranio. Come una farfalla volo sempre più in alto, e ciò mi spaventa. Pungo come un’ape quella vita che mi ha messo al tappeto… scendo dal ring, e picchio. Picchio, sempre più forte, finché il sacco non risuona. 

Penso a quando la vita mi aveva messo a KO, ai miei studi universitari interrotti presso la facoltà di Lettere, all’aver gettato la spugna prendendo a pugni la mia stessa vita. Amo l’arte, e la boxe è una nobile arte di ragionamento! Si dice che una relazione finisce quando non c’è più amore… e per quanto avessi lasciato il pugilato dopo ben quattro anni, mai e poi mai avevo smesso di amarlo.
Non dimenticherò mai i miei sedici anni, l’epoca della boxe e delle lettere. DanteLeopardiDostoevskij e Tolstoj mi fecero capire di aver sbagliato scuola. Giacomo mi dava la forza che avevo perso, e mi regalava la speranza che nutriva dentro di sé quando guardava Silvia dalla finestra. Dalla cattedra sono volate un sacco di boiate sul suo conto, parole come ”depresso, cieco, sfigato”. Giacomo condivise con me un lungo periodo di profonda tristezza, si faceva carico delle mie situazioni difficili, e mi accompagnò alla maturità, periodo in cui frequentai la compagnia teatrale Quelli di Grock. Fu dopo ben tre anni che incontrai le quattro parole che mi cambiarono la vita: Nam-myoho renghe kyo. Non è mai troppo tardi per inseguire i propri sogni. 

Questo è il messaggio che vorrei insegnare ai miei futuri alunni. Riprendere gli studi dove ha insegnato Ugo Foscolo, allenarsi col campione mondiale Giacobbe Fragomeni, diventare una pugile debuttante… e non solo, vincere tre premi internazionali. Il mio libro d’esordio “Ichinen Sanzen” fa comprendere proprio questo concetto: che come il pugile si rialza, anche il fantino caduto da cavallo torna in sella. Ripercorrendo tutti quei ricordi fotografati nella mia mente, nella mia polaroid, quella bambina ormai è diventata grande. Ha un cavallo e un marito… ma chi l’avrebbe mai detto che tra un paio di anni sarà dietro alla cattedra a insegnare Leopardi

Rispondi